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Le cose "realmente" non stanno

Immagine del redattore: Roberta CupponeRoberta Cuppone



Pensiamo a quante volte, anche in questo periodo così balordo, abbiamo assistito o siamo stati protagonisti di una discussione dal vivo o virtuale.

Il più delle volte capita di osservare vere e proprie lotte tra persone impegnate a dimostrare di aver ragione, che le cose “oggettivamente” stanno così.

Ma come si fa a stabilire chi ha ragione? Come facciamo ad individuare come stanno realmente le cose?

Le cose realmente non stanno.


Secondo lo psicologo George Kelly la realtà non è qualcosa di univocamente e oggettivamente dato. Ciò che si conosce è inestricabilmente connesso al soggetto che conosce e interpreta: nessuna conoscenza può pertanto considerarsi "oggettiva".

Le cose che noi vediamo accadere e le cose che sono accadute “realmente” non possono coincidere. Conosciamo la realtà per come appare ai nostri occhi.


Che ci piaccia o no, non possiamo vedere o sentire tutto, possiamo semmai interpretare il mondo con il nostro sguardo, unico, che può somigliare allo sguardo di altri, ma rimane uno dei tanti modi per guardare una persona, un oggetto, un evento, una situazione.


Non possiamo avere un quadro completo, e la descrizione che facciamo di quei piccoli frammenti che vediamo dice molto poco della realtà in sé: dice molto di più di noi e dei nostri occhi che la stanno guardando.

Pensiamo un attimo a quanto possa essere limitante pensare che una persona, una canzone, un film, un evento siano “oggettivamente” in un certo modo, vuol dire partire dal presupposto che tutti vedano il mondo esattamente come noi, non solo, toglie anche a noi la possibilità di dubitare, aprirsi ad altre letture e significati.

Come se inchiodassimo lì noi stessi e le cose che guardiamo, senza altre possibilità.

Sentenza definitiva.

Faticoso portare avanti una conversazione così.


Questo non vuol dire dover condividere tutte le opinioni, anche le più lontane da noi, ma provare a comprendere il punto di vista dell’altro. Si può comprendere l’altro pur non condividendo le sue idee, chiedersi da quale punto di vista sta guardando per vedere le cose in un certo modo.

Forse se facessimo pace con il fatto che vediamo quello che scegliamo di vedere, in base a come siamo fatti, e non siamo detentori di una verità incontrovertibile, smetteremmo anche di dannarci così tanto; potrebbe innescarsi un interessante e ricco dibattito tra persone che guardano qualcosa da punti di vista diversi piuttosto che delle lotte furiose tra chi ha più ragione.


Se provassimo a fare questo esercizio forse smetteremmo di aggredire, insultare, giudicare, rischiando di appiattire e ridurre tutto al modo in cui noi vediamo le cose.

Pensare le relazioni con gli altri come spazi aperti e pieni di possibilità, piuttosto che campi di battaglia.

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