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  • Immagine del redattoreRoberta Cuppone

Psicoterapia: domande per l'uso



In questo articolo proverò a rispondere ad alcune tra le più frequenti domande che ci si pone quando si parla di Psicoterapia, e in particolare a cosa accade nella stanza di terapia.


Quando rivolgersi ad una psicoterapia?


A volte si arriva ad una psicoterapia con una sintomatologia già inquadrata e definita in termini di attacchi di panico, ansia, depressione, disturbi alimentari, disturbi del sonno, dipendenze, ecc...altre volte la persona può sentire una difficoltà a portare avanti la propria quotidianità, le relazioni con gli altri, una particolare situazione (lutti, separazioni, cambiamenti improvvisi ecc…), delle scelte.


Altre volte ancora ci si può rivolgere ad un terapeuta per una sensazione di disagio difficile da definire e spiegare che può prendere la forma di sintomi fisici, di un’angoscia continua, di un grande senso di fatica.


Aldilà del nome che vogliamo attribuire alla sofferenza, la sensazione personale che può accomunare chi si rivolge ad una psicoterapia è spesso quella di fare fatica a portare avanti la propria vita, di girare a vuoto e trovarsi sempre allo stesso punto. Di solito il disagio riferito è quello di sentirsi bloccati, spenti, e nonostante si siano fatti diversi tentativi si ha la sensazione di rimanere comunque fermi.


Quando nonostante i tentativi e gli sforzi non si riesce a trovare modalità utili per far fronte al proprio disagio così da poter portare avanti la propria vita, quando da tempo si ha la sensazione che non cambi niente e che provare a cambiare qualcosa sia uno sforzo troppo grande da fare da soli, potrebbe essere il momento di provare a rivolgersi ad uno psicoterapeuta.


Chi sono i pazienti?


Non sono malati da guarire o pazzi da correggere.


Sono persone che si sono bloccate nel loro fare esperienza, che fanno fatica a portare avanti la propria vita, che continuano a riproporre le stesse dinamiche nonostante sappiano bene che queste si rivelino inefficaci e causino sofferenza.


Sono persone alla ricerca di nuovi significati e di nuove narrazioni, di nuovi modi di vedere e narrare sé stessi e gli altri.


Il paziente è il più valido dei collaboratori, in quanto massimo esperto di sé, per cui il suo contributo è di fondamentale importanza insieme a quello del terapeuta, si tratta di una collaborazione.


Nella stanza della terapia non entra un problema psicologico o una categoria diagnostica, ma entra una persona con una propria storia, con i propri significati, che coraggiosamente è impegnata, insieme al terapeuta, a dare un nuovo e più ampio significato a quello che le accade e insieme ipotizzano modi diversi di raccontare la propria esperienza e di muoversi.


Chi è il terapeuta?


Non è un esperto che giudica o valuta ciò che il paziente porta ma comprende il suo mondo considerandolo legittimo.


E’ un esperto della propria disciplina e del lavoro terapeutico, ma alla pari con la persona che incontra, quest’ultima unica e migliore esperta di se stessa.

Da qui deriva un modo diverso di mettersi in relazione da parte del terapeuta che invece che essere concentrato in una valutazione o dare consigli o indicazioni è costantemente impegnato, con un atteggiamento curioso, ad una comprensione del mondo del paziente.


Il terapeuta è un compagno di viaggio coraggioso e creativo con cui è possibile assumere un nuovo sguardo da cui guardare sé stessi, il mondo, le proprie relazioni, costruendo alternative diverse al proprio malessere.


Si può scoprire la possibilità di iniziare a raccontarsi una storia “vecchia”, che pareva ferma e immutabile, in modi nuovi, prima impensabili, ricchi di nuove possibilità da esplorare.


“Anche gli episodi più ovvi della vita di tutti i giorni potrebbero apparire radicalmente trasformati, se avessimo abbastanza inventiva da costruirli in modo diverso.“ (George Kelly)


In cosa sono impegnati terapeuta e paziente?


Terapeuta e paziente sono impegnati in un’impresa comune volta a comprendere il mondo del paziente e a riprendere il movimento della sua esperienza che si è bloccata, “la psicoterapia dovrebbe far sentire alla persona che sta tornando a vivere” (George Kelly).


Il lavoro è volto ad una comprensione condivisa tra paziente e terapeuta che ha inizialmente per oggetto il problema che la persona presenta, per estendersi progressivamente alla persona che presenta il problema.


Terapeuta e paziente costruiscono insieme un nuovo modo di guardare le esperienze che provocano sofferenza e quindi anche un nuovo modo di farvi fronte. E’ dunque un laboratorio in cui terapeuta e cliente portano avanti degli “esperimenti” che permettono di testare nuove interpretazioni e progressivamente aiutare la persona a sperimentare nuovi modi di muoversi con gli altri anche al di fuori della terapia.


Due esploratori impegnati in un viaggio avventuroso, che corrono il rischio di attraversare nuove strade alla scoperta di nuove possibilità.



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